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Musicisti e Cantanti: come mettersi in regola? Intervista a Andrea Marco Ricci – Presidente di Note Legali

Musicisti e Cantanti: come mettersi in regola? Intervista a Andrea Marco Ricci – Presidente di Note Legali

Spesso gli artisti si ritrovano a suonare “sfruttati” anche dai locali… come fare a mettersi in regola?

Già, purtroppo, come sappiamo, il datore di lavoro è in una posizione contrattuale forte (quante band sono disposte a sottostare alle condizioni del locale pur di salire sul palco?) e impone al musicista cachet bassissimi, lavoro spesso in nero, nessun versamento di contributi previdenziali, cioè impone al lavoratore di agire in piena irregolarità e senza tutele assicurative.
Definiamo meglio quindi cosa vuol dire lavorare “in regola”: abbiamo aspetti contrattuali, fiscali e previdenziali.

Da un punto di vista contrattuale nella maggior parte dei casi il musicista trova una serata e concorda a voce l’oggetto della prestazione e il suo cachet: questo può essere un problema se il locale a fine serata trova un pretesto qualunque per non pagare il cachet concordato (es: è venuta troppa poca gente…). Avere un contratto, fatto da un legale specializzato, può dare una maggiore tutela, ma normalmente è utilizzato solo da artisti di una certa notorietà, non disposti ad esibirsi con il rischio di non essere pagati o tutelati.
Da un punto di vista fiscale, ricordo che ciascun cittadino è tenuto a dare parte del proprio reddito allo Stato Italiano, affinché lo Stato lo possa utilizzare per offrire ai cittadini i servizi comuni. Nonostante l’ambiente rock, le “tasse sul reddito”, appunto, sono dovute anche sulle prestazioni live. Il lavoratore dovrà quindi rilasciare un documento fiscale (quietanza di pagamento con ritenuta d’acconto o fattura) al locale e il locale provvederà a versare allo Stato un anticipo sulle tasse, corrispondente al 20% del cachet (la cosiddetta trattenuta in acconto sulle tasse da pagare o “ritenuta d’acconto”). Incassare il cachet in nero, pratica molto comune, o essere obbligati a farlo significa evadere il fisco, con possibili gravi sanzioni.
Per quanto riguarda l’aspetto previdenziale, ricordo che è compito del locale o dell’organizzatore del concerto, cioè del datore di lavoro, regolarizzare il musicista, procurandogli il certificato di agibilità ENPALS e versandogli i contributi ENPALS entro il 16 del mese successivo a quello dell’esibizione.

Come si può gestire questo punto di vista anche per un gruppo emergente l’ENPALS senza andarci a perdere nulla?

Perderci? Ogni volta in cui un musicista si trova costretto da un locale a non vedersi versati i contributi previdenziali ci perde, perché è come se non prendesse parte del suo stipendio, più precisamente il 23,81% del proprio cachet.
La previdenza è un diritto del lavoratore, una conquista sociale tipica dei paesi civili! È parte del proprio stipendio che viene accantonata per quando, un domani, il musicista vorrà smettere di suonare, e potrà permettersi uno stipendio (la pensione) anche senza lavorare tutti i giorni della propria vita.
I contributi previdenziali sono quindi parte dello stipendio del lavoratore che il lavoratore non percepisce subito, ma sapientemente come la formichina della favola, vengono messi da parte per l’inverno della sua carriera.

Spesso viene anche trascurato l’importante discorso dei contributi, quanto sono importanti invece per un musicista?

Chiunque aspiri a fare della musica la professione della propria vita dovrebbe avere a cuore il proprio futuro pensionistico. Purtroppo spesso i musicisti sono i primi a non credere che prenderanno la pensione: ricordo che sono sufficienti 2400 giornate lavorative nell’arco di una carriera musicale di almeno 20 anni per ottenere la pensione Enpals. Il concetto di giornata lavorativa è molto ampio e, oltre all’attività dal vivo, e alle condizioni previste dalla legge, prende in considerazione i turni in studio di incisione, le giornate di prova e ogni altra attività di spettacolo, purché giustificata. Nel caso dei lavoratori iscritti alle cooperative, si possono considerare anche le giornate di attività didattica presso scuole di musica. Un traguardo quindi affatto impossibile da raggiungere e certamente più vicino di quello di tanti altri lavoratori.
Alcuni invece non sono interessati al versamento dei contributi Enpals e, facendo un favore al locale, che risparmierà il 23,81% del cachet in contributi, possono auto dichiararsi esenti (ma da un punto di vista fiscale bisogna comunque lavorare in regola!!).
L’esenzione tuttavia è possibile solo in alcuni casi tassativi: A) essere un soggetto previsto come esente (minorenni – studenti fino a 25 anni – pensionati oltre i 65 anni – lavoratori che versano già contributi ad altra previdenza obbligatoria, come l’INPS), B) non avere percepito per l’anno in corso più di 5.000 euro in prestazioni live musicali (in regola, si intende). In tali casi sarà sufficiente autocertificare, personalmente, il proprio status di soggetto esente su di un foglio, datato, firmato e magari accompagnato da fotocopia di un documento d’identità. L’autocertificazione dovrà restare a portata di mano durante l’esibizione, pronta a essere mostrata in caso di un controllo ENPALS. Sia chiaro: in tale modo si sta rinunciando a percepire quella parte del proprio compenso (dovuto in previdenza) per l’esibizione, facendo di fatto un favore al datore di lavoro e ritardando così il momento in cui potrete raggiungere la “pensione” ENPALS.

Come è possibile mettersi in regola da questo punto di vista?

Oltre alla normale regolarizzazione fornita dal datore di lavoro, che è la situazione prevista per legge, come quella “base”, è possibile farsi l’agibilità da sé e versare i contributi all’ENPALS in qualità di lavoratore autonomo esercente attività musicale, ovvero diventando di fatto i datori di lavoro di se stessi: per ogni serata sarò il musicista, iscrittosi a questa particolare categoria, a richiedere il certificato di agibilità all’ENPALS, pagandosi i contributi da solo, ecc., tutto online, ovviamente. In tal caso dovrà versare, però, tutto il 33% dovuto in previdenza da solo (ben si può capire che in tale caso conviene aumentare il proprio cachet, altrimenti rimarrà ben poco da portare a casa). Non è necessario avere la partita IVA per iscriversi con questa qualifica.
Altro mezzo è iscriversi a una cooperativa di spettacolo che funga da datore di lavoro al posto dell’organizzatore: l’organizzatore della serata pagherà il compenso del musicista alla cooperativa, la quale avrà richiesto l’agibilità per la serata e provvederà a pagargli i contributi ENPALS, nella forma di uno stipendio o di un compenso a prestazione, a seconda dei casi. Attenzione: in molti casi tali strutture vengono utilizzate esclusivamente per semplificare i rapporti con l’organizzatore da un punto di vista fiscale/previdenziale: quanto alle associazioni, la pratica è spesso svolta in maniera poco seria e favorendo il “nero”. Le cooperative serie, raramente a gestione famigliare e di massima trasparenza e democraticità, sono invece solite fornire servizi ulteriori ai musicisti, corrispondendo il compenso interamente in regola, con tutele tipiche del lavoratore dipendente (assicurazione sul lavoro, maternità, paternità, malattia, indennità di disoccupazione), sfruttando per di più alcuni meccanismi, come i minimali e massimali retributivi, che permettono di far figurare più giornate di lavoro di quelle magari effettivamente svolte e rappresentano una soluzione ottimale per il musicista professionista. Pensate bene se ne vale la pena, perché vi sono delle spese di iscrizione e gestione dell’attività che si giustificano solamente con almeno un paio di serate al mese a un cachet personale non inferiore ai 75-80 euro.

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