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Intervista a Massimo Bonelli: La situazione del panorama emergente italiano

MASSIMO BONELLI: LA SITUAZIONE DEL PANORAMA EMERGENTE ITALIANO

“La scena emergente italiana descritta da uno dei più attivi discografici indipendenti”

Ormai da tre anni in giuria del Tour Music Fest, Massimo Bonelli (Dir. Art. CNI Music) anche quest’anno assegnerà il premio che prevede la produzione discografica di uno dei finalisti.
La CNI Music – Compagnia Nuove Indye è una delle case discografiche più interessanti e attive d’Italia. Fondata nel 1990 da Paolo Dossena – storico Manager dell’RCA (Tenco, Cocciante, Patty Pravo, Venditti) la Compagnia si è specializzata in produzione, editoria, management e distribuzione. Tra gli artisti prodotti spiccano Almamegretta, Agricantus, Sud Sound System, Enzo Avitabile e molti altri. Tutti prodotti ben connotati e differenti tra loro.

Cosa ti colpisce di una nuova proposta al primo ascolto?

Al primo ascolto è la particolarità della proposta che riesce a fare la differenza, almeno dal mio punto di vista. Una sonorità insolita, un elemento caratteristico , un modo di cantare o di arrangiare non inquadrabile nel “già sentito”, sono, in genere, il primo sintomo della possibile presenza di un artista potenzialmente interessante.

Per il Tour Music Fest 2010, hai selezionato e scelto per la produzione Giancarlo Ingrassia and band, che con la sua “Per votarmi scrivi sì” ha fatto ballare tutti, pubblico italiano e ospiti stranieri. Cosa ti ha colpito della sua musica e della sua performance?

La sua scelta stilistica abbastanza sui generis è bastata a fare la differenza e a far spiccare il suo progetto rispetto ad altri. Mi ha incuriosito fin dalla prima nota …

Cosa altro hai visto di interessante sul palco del Tour Music Fest?
Ho molto apprezzato il brano proposto da Giuliana Di Liberto. Una canzone convincente, ben scritta, con una melodia a presa rapida e un arrangiamento sopra le righe e dal piacevole sapore retrò che riporta alla mente il giovane Morricone che arrangiava i successi di Paoli, Mina, Morandi, Endrigo, nell’ultimo periodo veramente “autoctono” della produzione Made in Italy.

Rispecchia il contesto emergente italiano? Puoi farci una panoramica di cosa succede in Italia per gli emergenti e di quali sono le possibilità?
Non è certo compito facile provare a fare il punto della situazione sull’attuale scena musicale Italiana. Partendo dal mercato del disco che ormai, da anni, è pressoché “immaginario” e passando per la smisurata quantità di nuovi album che vengono prodotti e pubblicati – con l’ offerta che sopravanza di gran lunga la domanda, – credo che oggi ci sia, innanzitutto, un serio problema di identità oltre che di qualità nelle proposte degli artisti emergenti italiani.
L’egemonia dei modelli culturali dominanti, nella musica come in altri ambiti, ha generato negli anni un appiattimento tale che ormai, sempre di più, si fa fatica a trovare qualcosa di veramente nuovo, di veramente diverso, di veramente interessante.
La quasi totalità delle proposte si assomiglia oltre a rifarsi chiaramente e spesso pedissequamente a modelli e stili già esistenti ed affermati in altri mercati prima che nel nostro, emulando più che rielaborando.
Meglio di me, Luigi Tenco, oltre 40 anni fa, in un’intervista pubblicata il 28 gennaio 1967 da “Il Lavoro” un giorno dopo la sua scomparsa, seppe individuare con grande lucidità il problema e proporre una strada :
“Quando un Paese riesce ad esprimere in chiave moderna una sua musica tipica (come è avvenuto per la bossanova e il cha cha cha), per un certo periodo di tempo il mondo intero impazzisce. In Italia, purtroppo, il grosso sbaglio è di guardare al mercato mondiale e imitarlo, quando ci sarebbe da noi un patrimonio musicale vastissimo e pieno di folklore. Bisognerebbe prendere melodie tipiche italiane e inserirle in un sound moderno, come fanno i Neri con i Rythm and Blues o come hanno fatto i Beatles che hanno dato un suono di oggi alle marcette scozzesi, invece di suonarle con la zampogna.
In Italia si è vittime del provincialismo perchè sanno apprezzare solamente quello che viene dall’estero; ed è un provincialismo per di più apprezzato dalla stampa, dalla radio e della televisione. Nessuno fa niente per la nostra musica. Eppure il patrimonio folkloristico è così vario che ogni cantante e compositore potrebbero attingervi mantenendo la propria personalità.”

Da allora è cambiato poco, e di certo non in meglio.

Visto che “sei dei nostri” ormai da tre anni…come descriveresti il Tour Music Fest a chi ancora non lo conoscesse?

Credo che il Tour Music Fest, per la passione e la competenza con le quali viene organizzato, per le capacità e la professionalità del suo staff e per gli indiscutibili risultati raggiunti sul campo e attestati dai fatti, sia oggi uno dei pochi concreti trampolini di lancio per tutti i giovani artisti e le band in cerca di una vetrina importante.

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