COME PROMUOVERE LA PROPRIA MUSICA
Siamo con Massimiliano Raffaele, esperto di comunicazione e ufficio stampa per diversi artisti in ambito musicale. Musica e comunicazione: perché non basta saper cantare o suonare per “comunicare”?
Perché c’è una complementarità assoluta che negli anni è diventata evidente non solo alla casa discografica, al manager, al produttore, ma anche al fruitore, allo spettatore, a colui che materialmente – mettendo mano al portafogli – contribuisce a costruire le fortune di un artista e di chi lo rappresenta. La buona musica è la base di ogni carriera e di ogni successo ma da sola non basta. Chi ascolta musica oggi non è più affezionato esclusivamente alla voce e alla ritmica dell’artista che ama, chi ascolta musica oggi ama il personaggio ancor prima del suo talento. E quel personaggio il più delle volte, che piaccia o meno, va costruito e messo in evidenza.
Interazione con il pubblico, emozioni da trasmettere, controllo della voce: tutto è comunicazione sul palco.
La comunicazione sul palco è qualcosa di diverso da ciò che studio io. L’interazione on the stage è un’altra fase ancora, diversa, distinta da ciò che invece si fa lontano dagli strumenti. Ciò che interessa a me è cosa fare prima e dopo i concerti, quel che accade sul palco è costruito su altre fondamenta. Provo a sintetizzarla meglio: il mio lavoro non è lavorare prettamente sull’artista, il mio lavoro è lavorare sul pubblico per far sì che l’artista abbia una presa maggiore.
Cos’è più difficile comunicare per un artista?
Ciò che è. Nella vita come nella musica. Tra gli emergenti noto spesso una megalomania ingiustificata che li pone agli occhi del pubblico come un ammasso di culture e sonorità. Questo atteggiamento è accettabile fino ad un certo punto del percorso artistico. Poi sono necessarie idee chiare e un lavoro ben studiato e mirato. Non bisogna comunicare tutto, bisogna comunicare ciò che può interessare al pubblico o alla casa discografica. E potrebbe essere qualunque cosa: anche un difetto.
Come scegliere l’immagine più adatta per un gruppo o per un cantante?
Da soli è praticamente impossibile. A meno che non si è capaci di osservare il proprio ego con occhi terzi, estranei. Il più delle volte l’emergente pensa di fare tutto nel modo giusto e nessuno, spesso per non destabilizzare l’amico, pone dubbi sul modo di relazionarsi sopra e sotto il palco.
Quanti si rivolgono ad agenzie specializzate o a consulenti?
Pochi. Pochissimi. E nonostante tutto credo sia un bene. In giro c’è tanta gente che si spaccia per ciò che non è con il chiaro obiettivo di spillare soldi alla 16enne che sogna di diventare una star. Una consulenza vera, a un giovane artista, costerebbe troppo. Chi promette di far miracoli dietro pagamento di poche centinaia di euro sta millantando. Un piano di comunicazione ha un costo alto perché necessita di professionalità in grado di lavorare sull’artista per diverse ore a settimana. E soprattutto è un lavoro lungo, che può protrarsi per 8-10 mesi o per anni interi.
Se qualcuno volesse provare a far da sé, quale consiglio si potrebbe dare?
Quello di non emulare i big della musica. La loro comunicazione può sembrare semplice agli occhi della gente, ma non è affatto così. É studiata in ogni minimo particolare e perché possa funzionare al meglio ha bisogno di investimenti economici che possono variare dai 300 mila euro a 3-4 milioni all’anno. Ciò che invece può essere d’aiuto è sbirciare i gruppi emergenti degli States o del Giappone. Sarà per il supporto della tecnologia, sarà per una cultura che spinge sempre a non emulare, sarà perché hanno più fantasia, ma americani e giapponesi – anche nella musica emergente – continuano a fare scuola di comunicazione. Le major europee rubano stili e impostazioni delle campagne pubblicitarie testate sui piccoli gruppi di quei Paesi.
Meglio puntare sul web o sui media tradizionali?
Meglio puntare su entrambi. Il web è certamente il terreno migliore per divertirsi a costruire piani di comunicazione esplosivi ed economici, ma non bisogna commettere l’errore di sottovalutare i quotidiani e le radio locali. Certo, magari non aiuteranno il gruppo o l’artista ad incidere un disco, ma possono diventare ottime scorciatoie per riempire un locale, soprattutto in città medio piccole dove cè poca varietà musicale e pochi concerti live.
Quando è giusto smettere di combattere per raggiungere il proprio sogno?
Forse mai.Anche il 50enne o il 70 enne, seppur con tutti i limiti del caso, ha diritto a sognare una carriera musicale, ha diritto a combattere per ottenerla, ha il diritto di mostrare a tutti la sua arte. Solo qualche anno fa la scozzese Susan Boyle, alla soglia dei 50 anni, è riuscita a ritagliarsi un pezzo di celebrità all’interno del talent-show Britain’s Got Talent. La Boyle arrivò seconda in quelledizione e da allora ha pubblicato 3 album e venduto oltre 15 milioni di copie in barba ai ragazzini che le ridevano dietro ancor prima di aver ascoltato la sua voce, tanto potente quanto malinconica.
E il successo della Boyle è stato un caso?
Assolutamente no. La Boyle è un meraviglioso personaggio, costruito a regola d’arte.
10 Consigli per promuovere un progetto musicale emergente?
1. Dedicare alla promozione almeno 5-6 ore ogni settimana.
2. Scegliere come nome d’arte, o come nome della band, qualcosa che non sia di uso quotidiano nel parlato. Altrimenti si rischia di finire oltre la millesima pagina dei risultati di ricerca di Google.
3. Dare uniformità a tutto il lavoro di comunicazione: copertina del cd, magliette, sito web, Facebook…
4. Essere bilanciati nei rapporti con i ‘fan’. Troppe comunicazioni danno fastidio, poche comunicazioni fanno disaffezionare. Serve una via di mezzo.
5. “Rubare” agli emergenti americani e giapponesi qualche piccola idea di comunicazione e adattarla all’Italia.
6. Evitare pressapochismi e amatorialità. Esempio: se non si è in grado di realizzare un bel sito web, meglio non farlo. Potrebbe essere controproducente.
7. Preparare ogni concerto anche dal punto di vista comunicativo, attraverso una capillare ‘comunicazione’ attraverso i mezzi tradizionali e digitali.
8. Utilizzare canali alternativi per tentare il contatto con le case discografiche. Provate Linkedin!
9. Separare in tutto e per tutto la vita artistica da quella privata.
10. Crederci sempre.